Anni che ce la menano con storie insulse sull’Area 51, rettiliani, strane forme viventi provenienti da Zeta Reticuli ecc ecc, e poi vai a scoprire che esiste un avamposto vulcaniano in una zona non bene identificata del triestino…
Beta Psi, col suo fedele mononeurone Half, si propone e si propina come primo esempio di musicista vulcaniana in territorio… terrestre.
Il munifico bzur non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di una collaborazione insana ma salvifica, dando sfogo alle sue inclnazioni un po’ synthpop, un po’ synthwave, un po’ quel che gli gira, producendo questa versione ballereccia di “Pretty Sick”, che pare essere la giusta colonna sonora per questo periodo un po’ stregato…
Ascoltatene e amatene su Spotify, iTunes, Deezer e quel che vi gira!
Magari è un’idea idiota, magari è un modo per riempire le pagine di questo povero blog che altrimenti rimarrebbe deserto, denutrito e defunto…
Tuttavia, ho deciso di pubblicare anche qui una newsletter molto privata che mando mensilmente ad uno sparuto manipolo di aficionados.
Coloro che volessero far parte del suddetto manipolo, se proprio ci tengono a farsi del male, non devono far altro che inviarmi un bel messaggino dall’apposito form contatti, ed essere molto convincenti sulle motivazioni che li hanno portati a prendere una simile decisione.
Il resto verrà da sè, e sarà molto, molto bello – tenere lontano dalla portata dei bambini.
Ma bando ai convenevoli, ciò che segue è il testo della primerrima newsletter del bucolico musico bzur.
Cari sodali, il tempo è giunto!
Dopo un incerto periodo di ripensamenti, incubi, notti insonni, raccolta di indirizzi di posta, giuramenti e spergiuri, ecco la prima newsletter che vi racconterà le peripezie dell’ineffabile musico bzur.
Come anticipato per le vie brevi, si promette solennemente di non abusare di questo strumento e quindi della vostra pazienza.
Pertanto, la cadenza della newsletter sarà per ora mensile – al peggio, dovessero esserci delle novità bellissime, ma proprio bellebelle, vi si manderebbe un extra.
Dopo questa doverosa premessa, è il caso di andare al sodo!
Cosa bollì in pentola
Agosto è sempre stato un mese per me odioso: uffici chiusi, caldo, personaggi poco reattivi, sudore, sudorina e parcheggi roventi.
Tuttavia, il progetto bzur va avanti in un modo o nell’altro, dove nessuno spiega mai quale sia l’un modo e quale sia l’altro. E poi arrivò settembre – il primo vero settembre da qualche anno a questa parte…
In ordine sparso, ecco i frugali risultati di questo untuoso agosto, e qualcosina anche di settembre, via…!
Che sarebbe poi il sito ufficiale di bzur music, venuto alla luce dopo vani tentativi. L’intento sarebbe di inserirvi tutto ciò che non vorrei mai scrivere su questa newsletter: c’è quindi, oltre le classiche pagini istituzionali, un bel blogghettone in cui esprimo i miei sfoghi estemporanei su questo o quest’altro argomento, in cui vi presento alcune mie improvvide uscite, in cui lancio le mie inventive invettive, in cui vi si annoia a morte con inutili giri di parole ecc ecc.
E, dulcis in fundo, vi si sfianca col tormentone amatene e condividetene.
MU – una piccola parola densa di significati
Il buon Gionatan Squillace ama definirsi writer, foodie, mental trotter – e credo che tutto ciò, sia collegato ad una certa predisposizione ai pasti pantagruelici e al viaggio mentale, anche senza aiuti alcolici.
Le premesse sembrerebbero ottime, e in questo videoreading, frutto della nostra prima collaborazione, si racconta il significato profondo della parola MU, con immagini, musica e qualche riflessione.
Dodgelings – istruzioni per cavare sangue da una rapa
Mi pregio di aver collaborato pur marginalmente – musichina tormentosa, e spari vari – alla stesura di questo videogioco che è puro delirio: due rape che si odiano a morte cercano di farsi fuori vicendevolmente in una sfida a due giocatori, in 5 round.
Le mie lodi vanno alla mente crimin… ehm portentosa dell’astuto Rocco Salvetti, nonché all’arte sopraffina del baldo Ben Ho, che ha materializzato le rape in tutta la loro leggendaria ferocia.
In questa sezione della newsletter vi racconto vagamente che è in preparazione la colonna sonora di un bel videogiochino molto anni ’80 con musichine molto anni ’80, con intenzioni molto anni ’80. Ne sapremo di più passata una certa data di settembre.
Inoltre sono in preparazione un tot di demo per il buon Jeff di Perimetersound, che intendo deporre anche sul buon soundcloud, non confinandole quindi al sito di cui sopra.
Saluti e baci
Come dice il titolo di questa sezione, è qui che ci si accommiata da voi, cari sodali, rimandandovi al prossimo fulgido appuntamento con questa piaga periodica.
Piano Soundboard è una piccola ma molto vivace comunità di pianisti nata su Facebook dalle ceneri di “The Piano Cloud”, ereditandone una buona parte dei componenti e dello spirito di condivisione e dialogo.
Periodicamente vengono proposti dei “challenge”, delle sfide più con sè stessi che contro gli altri musici, per stimolare la curiosità e la creatività, ed andare oltre la cosiddetta “comfort zone”, le solite cose che suoniamo e componiamo tutti i giorni.
In effetti uno dei modi migliori per stimolare la creatività è proprio quello di porre dei vincoli sul materiale a disposizione, sullo stile, sulla durata… in questo caso, dopo democraticissima votazione, la scelta è ricaduta sul “6 notes sequence challenge”, in cui si prescrive di elaborare una composizione basata su una sequenza di 6 note assegnata.
Oltre l’interesse del fatto compositivo / improvvisativo, è sempre una sorpresa andare a scoprire cosa siano riusciti a creare “gli altri”: una grande varietà di stili, di modi di suonare, di comporre, di creare, di intendere la musica. Dialogo.
Vi lascio alla playlist, 14 brani di 14 autori provenienti da tutto il mondo.
Amatene e, come al solito, condividetene come se non vi fosse un domani 🙂
Dodgelings credo sia uno dei giochi più demenziali che abbia mai visto – due rape che cercano di farsi fuori a vicenda, in 5 round – e costituisce per me grande motivo di orgoglio aver collaborato anche se marginalmente alla sua creazione.
Ciò, invece, costituirà per voi meravigliosi lettori un ulteriore motivo per stare alla larga da questo sito e dal sottoscritto, ma questo è un rischio calcolato.
Pur limitandomi a due interventi di lieve entità (un loop sgangherato con qualche “lick” lievemente jazzato, e il sound design degli spari), debbo dire che il breve periodo di preparazione di questo giochino è stato per me molto divertente, e mi auguro che esperienze edificanti di questo tipo si ripetano ancora, saecula saeculorum.
Come cavare sangue da una rapa
La meccanica del gioco è molto elementare, e si basa su pochi semplici concetti:
due giocatori
due livelli di difficoltà (normal: proiettili lenti, sniper: proiettili veloci)
logica di controllo “one tap”: con un unico tocco la nostra rapa cambia direzione e lancia un proiettile letale verso la rapa avversaria, pilotata dal secondo giocatore
se schivi, vivi
occorrono 5 punti per decretare la vittoria finale
Non mi dilungo oltre, e vi lascio fra le due abnormi radici ideate e programmate dall’ineffabile Rocco Salvetti e disegnate magistralmente dall’altero Ben Ho.
Entrambi, dall’alto della loro immensa saggezza, vi salutano tanto facendo ciaociao con le manone sante.
Mu è il videoreading che inaugura la mia collaborazione con Gionatan Squillace, fiero e deciso writer, foodie e mental trotter.
Confesso di non sapere bene di che si tratti, ma tutto ciò sembra avere a che fare con la scrittura creativa, i pasti luculliani e arditissimi vaneggi mentali.
Com’è, come non è, spesso accade di trovarsi per caso nei meandri tentacolari dei social, in questo caso il tanto bistrattato Twitter, che a mio modo di vedere si dimostra essere invece una miniera quasi infinita di preziosi contatti.
Ed è così che, scambiando due parole in vari dialetti, si è giunti a questo lavoro: un bel videoreading di qualche minuto, con testo, voce narrante e filmati di Gionatan (credo di non aver dimenticato nulla), montaggio e musiche del sottoscritto, in cui si esplora il mondo minuscolo e infinito di Mu.
Se tanto mi dà tanto questo potrebbe essere l’inizio di nuove e mirabolanti avventure: le nostre gesta verranno cantate dai bardi e dai bastardi, e tramandate per anni ed eoni a venire.
L’importante è crederci fermamente.
Magari se metto il link youtube la cosa riesce anche meglio:
Per concludere: Una Corda
Ah, un’ultima cosa: i suonini che sentite sono del pianoforte della Native Instruments “Una Corda” – si tratta di uno strumento architettato da quel diavolo di Nils Frahm… un oggettino interessante, che mi sta dando qualche soddisfazione.
Belle cose come sempre: amatene e con… vabbè, mi trattengo per questa volta.
Fatto? Bravi! Siete entrati nel mondo fiorito di bzur, tramite lo Spotiferio, e potrete ascoltare in scioltezza tanti fantastici motivetti! Che soddisfazione…
Probabilmente non ve ne frega una favetta secca di ciò che sto per scrivere, ma lasciatemelo fare – in fondo è il mio blogghettino del menga, in cui tutto mi è permesso.
Il sito ansa.it oggi riporta, in un articolo sulla pagina Spettacoli, l’immensa tenerezza da Andrea Bocelli provata nel cantare insieme al figlio durante una manifestazione svoltasi al Teatro del Silenzio.
Ora, con tutta la tenerezza e l’orgoglio di cui è capace Endriu Bocells, non sarebbe malaccio anche che lo stesso evitasse di rompere le balle alla tigre Shina. Pare infatti che:
[sia] stato sorprendente per il pubblico vedere sul palco anche l’ingresso di una vera tigre, un segno di continuità con lo spettacolo dello scorso anno ispirato dal connubio tra opera e arte circense. “L’ho voluta io”, rivendica con orgoglio Andrea Bocelli, che ama il contatto con la natura e, in particolare, andare a cavallo [e altre varie cosette]
Questo modo di mostrare le fiere al pubblico “sorpreso” (mi pare che siamo nell’anno MMXVII) è a mio giudizio tipico di una sottocultura fondalmentalmente idiota, che ama ancora vedere l’esposizione dell’esotico, dello “strano”, spesso facendo uso di creature – creature, non oggetti inanimati – che non hanno chiesto di essere sottoposte a questo tipo di seccatura: la tigre non si diverte, sapevatelo.
E se anche gli / le si chiedesse il permesso, credo che il felino ci manderebbe cortesemente a cagare.
Ora, obbietteranno che la creatura non ha subito alcun tipo di violenza eccetera, eccetera, eccetera, cazzate, cazzate.
Ok, facciamo così: stateci voi in cattività, e di tanto in tanto fatevi vedere da noi pubblico curioso, perché siete strani, siete belli, siete esotici, e tutto ciò ci provoca sollazzo.
Ad onor del vero, l’autore del celeberrimo Adagio in Sol minore non è il buon Tomaso Albinoni.
Tuttavia, in tivvù, nelle radio, negli aereoporti, ma – cosa più irrritante – nella stragrande maggioranza delle raccolte in ciddì il brano viene a lui attribuito.
La storia narra, invece, che il validissimo musico e musicologo Remo Giazotto realizzasse il brano sulla base di una serie di frammenti musicali attribuiti ad Albinoni, rinvenuti tra le macerie della biblioteca di Dresda, devastata in seguito ai bombardamenti avvenuti durante la II Guerra Mondiale.
Ora, fossi nel buon Remo io, ecco, mi sarei incazzato almeno un poco. Con tutto il merito che si può dare all’Albinoni sui suoi squisiti frammenti, almeno un trafiletto, un titolino, una cacchettina a margine in cui si specifichi “ehi ciccio ascoltatore, guarda che questo motivetto l’ha fatto Remo, mica Tomaso, nonostante i suoi gustosi frammenti”.
In aggiunta, Wikipedia in verità in verità ci dice (al momento ho solo questa fonte):
In verità, a partire dal 1998, anno della morte di Remo Giazotto, l’Adagio si è rivelato una composizione interamente originale di quest’ultimo, giacché nessun frammento o registrazione è stato mai trovato in possesso della Biblioteca Nazionale Sassone
Per concludere, care industrie del ciddì e della tivvù, non rompeteci più il caucaso con attribuzioni a pera, ma date a Remo ciò che è di Remo. Anche quando non dovesse trattarsi di Remo.
In ogni blog che si rispetti è tradizione mantenere il sottobeneamato “Ciao mondo!” come articolo d’esordio.
Non sottraendomi al Grande Rito, vorrei solo precisare che il plantigrado di cui sopra non sarà forse Napo Orso Capo, ma ci tiene comunque a mandarvi il suo ciaone d’ordinanza.